Beata incoscienza

Il cambiamento perentorio è un rischio

La forma Repubblicana quale era stata elaborata dai padri costituenti all’indomani della Liberazione era un modo di intendere la democrazia atto a separarla da ogni possibile arbitrio. Era accaduto che nel confuso primo dopoguerra dove si erano prodotti fenomeni internazionali formidabili, la rivoluzione russa, la caduta dell’impero austroungarico, singole personalità alla testa di partiti a queste interamente soggiogate, avevano epurato ogni forma di vita parlamentare fino a porre le condizioni per la dittatura. L’esito di questo processo fu tragico e la nostra Costituzione del 1948 era principalmente intesa ad evitare ogni possibile riproposizione di un fenomeno che nato in Italia, il fascismo, si era propagato in Europa, fino a condurla alla rovina. I costituenti dovettero costruire una nuova politica sulle macerie e cercarono nelle istituzioni, gli uomini passano, le condizioni utile per evitare il rischio di una nuova catastrofe. È nella natura delle cose che anche i migliori edifici con il tempo ed i cambiamenti possano divenire consunti e obsoleti. Qualunque filosofo potrebbe dire facilmente che l’eternità non è propria di questo mondo. Per la verità già negli anni ’80 del secolo scorso in Italia si aperse il problema di una riforma costituzionale dello Stato, in termini di decisione ed efficienza che il sistema parlamentare quale era stato costruito a garanzia dei principi di rappresentanza dell’intera popolazione poteva deludere. Il sistema presidenziale, che l’Italia nel 1948 aveva scartato non aveva compromesso le libertà della Francia e dell’America che l’avevano adottato ed in forme diverse. Anche se si temeva che da noi il presidenzialismo avrebbe potuto portare facilmente in America latina, non è detto necessariamente che ogni sostenitore del presidenzialismo sia incline all’autoritarismo piuttosto che a costruire una democrazia autorevole. Un dibattito che si è svolto anche nel partito repubblicano e con esponenti storicamente importanti impegnati in entrambi fronti e tutti sicuramente preoccupati di garantire i diritti fondamentali della Repubblica. Per questo saremmo prudenti a non far precipitare il giudizio sulle scelte compiute da Renzi, inclusa quella piuttosto anomala del voto di fiducia per una proposta di legge elettorale, come il segno di un desiderio autoritario prossimo a compiersi. Quello che però non possiamo accettare a le beata incoscienza dei rischi avviati in un processo del genere, cosa che il presidente del Consiglio nel suo incidere perentorio, sembra ignorare completamente. Eppure a volte il cambiamento può essere facilmente in peggio.

Roma, 29 aprile 2015